Un cuore ‘wireless’ che parla anche italiano

Un cuore artificiale ‘wireless’, senza cavi e batterie esterne, è stato impiantato per la prima volta al mondo su due pazienti, di 51 e 24 anni, che soffrivano di una insufficienza cardiaca terminale. Gli interventi chirurgici sono stati realizzati ad Astana in Kazakistan, in un centro di eccellenza per la cura di queste malattie, da un’équipe internazionale alla quale ha partecipato Massimo Massetti, direttore Area Cardiologica Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS di Roma e ordinario di Cardiochirurgia all’Università Cattolica, insieme ai colleghi Yury Pya di Astana e Ivan Netuka di Praga. Gli interventi sono stati eseguiti nell’ambito di un progetto scientifico denominato ‘FIVAD’, che è stato condotto con un gruppo di ricercatori internazionali. Il progetto ha seguito tutte le tappe da quelle in vitro, poi la sperimentazione animale e solo alla fine, e dopo aver dimostrato l’efficacia e la sicurezza, sono stati realizzati gli impianti nei pazienti.
«La tecnologia associa l’impianto di un dispositivo intratoracico di assistenza cardiocircolatoria meccanica (VAD), già in uso da anni e nel nostro arsenale terapeutico – spiega il professor Massetti – e un sistema di trasmissione trans-toracica dell’energia elettrica. Quest’ultima tecnologia denominata ‘Coplanar Energy Transfer’ (CET), è stata messa a punto di recente da una azienda israeliana e consente di ricaricare il cuore nel giro di un paio d’ore in modo ‘wireless’ (senza fili), lasciando il paziente libero di muoversi. Il paziente, infatti, ricarica il cuore artificiale indossando una cintura che invia corrente alla batteria interna del dispositivo. L’alimentazione wireless riduce il rischio di infezione, vero tallone di Achille nei sistemi alimentati via cavo, e permette una migliore qualità di vita nei pazienti impiantati con questo cuore artificiale».
I risultati della sperimentazione clinica sono stati pubblicati sul Journal of Heart and Lung Transplantation. Il primo paziente, a poche settimane dall’intervento, è stato dimesso ed è ritornato ad una vita normale con la possibilità di fare sport e anche di nuotare in piscina. I prossimi passi sono quelli di continuare a verificare l’efficacia del sistema nei pazienti e di accrescere l’esperienza clinica con altri impianti che verranno realizzati anche in Italia, non appena saranno completate le certificazioni necessarie con la commercializzazione del dispositivo.
«La speranza è di arrivare a offrire presto ai nostri pazienti questa opportunità terapeutica che rappresenta un considerevole progresso nella cura dell’insufficienza cardiaca terminale refrattaria a ogni trattamento farmacologico. I pazienti che sono in lista per trapianto cardiaco o coloro che ne sono esclusi per una qualsiasi causa – conclude il professor Massetti – potranno sperare in una vita pressoché normale senza il legame del cuore artificiale con le batterie esterne e con un rischio di infezioni significativamente ridotto».