Tumore all’ovaio: in Piemonte test genetici per cure mirate
E’ la genetica la nuova frontiera della cura del tumore all’ovaio, una malattia relativamente rara: nel 2016 si prevede nel nostro Paese un’incidenza di circa 5200 nuovi casi, pari al 3% di tutti i tumori femminili.
Circa il 10% di tutte le donne affette da tumore ovarico, infatti, presenta una caratteristica genetica che le rende maggiormente esposte al rischio di sviluppare questa malattia: la mutazione dei geni BRCA. Recentemente è emerso che queste pazienti possono giovarsi di una terapia specifica. Grazie alla genetica, dunque, è possibile identificare quali pazienti possano giovarsi di un farmaco specifico, definito PARP Inibitore, attivo in questi casi e non in altri. A questo scopo la Rete Oncologica Piemonte e Valle d’Aosta ha messo a punto un protocollo per la gestione di queste pazienti individuando nel laboratorio diretto dalla professoressa Barbara Pasini nell’ambito della Città della Salute di Torino la struttura dove far convergere la pazienti cui proporre la determinazione del test genetico (si stima circa 300 casi per anno).
Si stima che il rischio di sviluppare un tumore ovarico nell’arco della vita di una donna sia di 1 su 74 con un rischio molto basso nelle donne giovani (1 su 499 fino a 49 anni), più alto (1 su 170) nelle donne di età pari o superiore a 50 anni. La sopravvivenza a 5 anni è di circa il 38%, lievemente più bassa rispetto a quella del Nord Europa pari al 41%. Il numero di decessi nel 2013 (ultimi dati disponibili) è stato di 3302, pari al 5% dei decessi per tumore nelle donne e si stima che il rischio di morire per tumore ovarico nell’arco della vita di una donna sia di 1 su 139. In Italia ci sono circa 42500 donne vive con pregressa diagnosi di tumore ovarico, pari al 2% del totale delle donne con pregressa diagnosi tumorale.
Il tumore dell’ovaio è un nemico subdolo perché nelle fasi iniziali non dà sintomi particolari e spesso quando viene diagnosticato le dimensioni sono già considerevoli e l’efficacia della terapia quindi compromessa. Ci sono dei campanelli d’allarme da non sottovalutare ma sono talmente generici che spesso vengono confusi con altre situazioni o ignorati: difficoltà di digestione, distensione addominale, anoressia, nausea, mestruazioni irregolari, dolori, gonfiore addominale, aerofagia, bisogno di urinare frequentemente.Non bisogna allarmarsi ma se si presentano insieme o in rapida sequenza e senza cause apparenti allora è bene chiedere consiglio al ginecologo e magari con una ecografia pelvica esame non invasivo, togliersi il dubbio.
La ginecologia oncologica e le nuove strategie terapeutiche sono al centro del Convegno “TMEO Tumori maligni epiteliali ovaio – Ottimizzazione del trattamento e compatibilità delle risorse” , organizzato dal professor Paolo Zola, in corso al Centro Congressi del Lingotto Torino, che coinvolge in prima persona gli Amministratori, le Organizzazioni delle pazienti (ACTO) e gli operatori che devono trattare queste pazienti (ginecologi, oncologi, genetisti, anatomo-patologi, oncologi medici, radiologi, ecc). Lo scopo è garantire la miglior cura possibile senza sprecare risorse sia dal punto di vista economico che strutturale. In altri termini, definire insieme la migliore strategia che deve avere come obiettivo sia la durata che la qualità di vita della pazienti, e nel contempo garantire, a tutte le donne che ne hanno necessità, il miglior trattamento possibile. La logica conseguenza di tutto ciò è la strutturazione dei Centri di Riferimento per la Diagnosi e Cura delle Neoplasie Ginecologiche in generale e delle neoplasie ovariche.