Povere donne (colpa anche della pandemia)

di ELENA DI GIULIO – In salute e in malattia, in ricchezza e in povertà fino a quando la disparità di genere non ci separi. Forse è arrivato il momento di prendere consapevolezza una volta per tutte e dirlo ad alta voce: nella partita della vita gli uomini e le donne non giocano con lo stesso mazzo di carte. Anche in Europa che dovrebbe, almeno sulla carta, aver fatto della parità di genere un concetto ormai acquisito. Eppure le donne anche se spiccano prima il volo vanno meno lontano.

Tutta colpa del ‘tetto di cristallo’ che non facilita certo la possibilità di raggiungere la vetta. E poi ci sono i figli, i genitori, la vita di coppia e un’intera Società tagliata ‘a misura di maschio’. E’ questa la fotografia che emerge dal Rapporto Eurostat 2020 “La vita delle donne e degli uomini in Europa – un ritratto statistico”. E se a questo si aggiunge la pandemia che ha chiesto alle donne di pagare un prezzo altissimo, ecco che i conti davvero non tornano.
E’ nella sfera privata che le differenze si fanno più marcate: tra i 25 e i 49 anni il 7,1% delle donne vive da sola con i figli, contro l’1,2% degli uomini della stessa età mentre per i single senza figli il rapporto è 10,1% per le donne e 17,3% per gli uomini. Nonostante le donne arrivino alla laurea più degli uomini nel momento di confrontarsi con il mondo del lavoro le differenze si fanno sentire: in Ue il tasso di occupazione degli uomini è più alto di quello delle donne (74% e 63%) e la differenza aumenta con il numero dei figli. Una donna con un figlio ha un tasso di occupazione del 72% mentre un uomo con un figlio ha un tasso di occupazione dell’87%. Se i figli sono due, però, il tasso di occupazione delle donne resta praticamente invariato mentre quello degli uomini sale al 91%. Con tre figli meglio lasciar perdere i paragoni (58% contro 85%).
Se conciliare le esigenze di famiglia e lavoro è ‘cosa da donne’, fare carriera è una ‘cosa da uomini’. Per esempio solo un terzo dei ruoli da manager nell’Ue è ricoperto da una donna. Lavorano meno, fanno meno carriera e guadagnano di meno, circa il 15% in meno. Ma non è una semplice questione di paga oraria inferiore per un uguale lavoro è proprio un complesso sistema sociale ed economico.
Le donne sono madri, mogli, caregiver e dopo lavoratrici. Almeno così vuole la Società. Cura dei figli, dei lavori domestici, della cucina, degli anziani sono tutte responsabilità soprattutto ‘al femminile’, in tutti gli Stati membri. Certo le cose vanno peggio per le donne greche rispetto alle svedesi.

La pandemia non ha certo dato una mano alle donne che si sono ritrovate a dover pagare un prezzo altissimo non solo in termini familiari sopportando il peso del lockdown e della gestione dei figli più degli uomini ma anche professionali, con la perdita del lavoro. E se già adesso nel recente rapporto Eurostat si parla di una differenza nel rischio di povertà a svantaggio delle donne c’è da credere che nel futuro prossimo la disparità sarà maggiore.
D’altra parte è lo stesso segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres che nel commentare il report intitolato “L’impatto del COVID-19 sulle donne” uscito ad aprile, quindi appena ad inizio pandemia, dice: “Mettiamo le donne e le ragazze al centro degli sforzi per riprendersi dal Covid-19’. I primi dati indicato che i tassi di mortalità da Covid-19 potrebbero essere più alti per gli uomini ma la pandemia sta avendo conseguenze sociali ed economiche devastanti per donne e ragazze“. Parole che, a distanza di mesi sono state drammaticamente confermate. Già con il virus Ebola il mondo aveva scoperto che le quarantene riducono in modo significativo le attività economiche e di sostentamento delle donne, aumentando i tassi di povertà e aggravando l’insicurezza alimentare. Basti pensare alla Liberia dove l’85% della presenza sui mercati al dettaglio è formata da donne e le misure restrittive e di chiusura di allora avevano avuto impatti devastanti. Il Covid-19 ha messo in risalto anche un altro elemento: in prima linea nella lotta alla pandemia ci sono le donne, perché le donne rappresentano il 70% di tutto il personale sanitario e dei servizi sociali a livello globale. Così come sono la maggior parte del personale di servizio delle strutture sanitarie – addette alle pulizie, lavanderia, catering – e quindi hanno maggiori probabilità di essere esposte al virus. Eppure, in alcune aree – come dice il Report- le donne hanno meno accesso ai dispositivi di protezione individuale o alle attrezzature di dimensioni adeguate. A tutto questo va aggiunto il lavoro domestico e la cura dei figli.
Ammesso che il lavoro ci sia e che si riesca a conciliare. In un articolo sul blog della Banca Mondiale, la direttrice Carolin Freund e la senior specialist del settore privato Iva Ilieva Hamel, invitano i Governi ad intraprendere misure politiche per ridurre l’impatto della crisi sulle donne migliorando il loro accesso alle opportunità economiche e, di conseguenza, alla loro resilienza. D’altra parte la storia insegna che una ripresa economica di successo richiederà la partecipazione attiva delle donne. Dopo la seconda guerra mondiale le donne hanno svolto un ruolo fondamentale nel riavviare l’economia statunitense e durante la pandemia influenzale del 1918 le donne sono entrate in ruoli pubblici che prima non erano loro concessi. Ma perché tutto questo davvero avvenga è necessario che la Società faccia quel passo in avanti verso le donne e per le donne del quale spesso si parla ma che ancora non si fa concretezza.

(foto Pixabay)