Quando la cucina è in un laboratorio. La nutrizione parenterale domiciliare, una storia a lieto fine
C’era una volta un medico italiano che faceva da ‘pendolare’ con Pittsburgh e che convinse il responsabile di un importante dipartimento di nutrizione aprendersi a cuore il caso di un paziente di Bari, un signore di 51 anni, che aveva subito una colectomia totale ed era praticamente costretto a vivere in ospedale per potersi alimentare. Inizia così la storia della nutrizione parenterale domiciliare italiana, una favola a lieto fine con un eroe buono, il dottor Antonio Fracavilla, e tanti pazienti salvati che da allora – era il 1984 – non sono più condannati a lunghi ricoveri ma possono condurre una vita normale.
La nutrizione parenterale domiciliare è l’altra faccia della nutrizione. Troppo abituati a gare di cucina in tv e a chef stellati più famosi di star del cinema ci si dimentica di chi, per una malattia, non si può nutrire normalmente. Come chi vive grazie alla dialisi, la nutrizione parenterale è una terapia salvavita. E così in occasione del Global nutrition day del 10 novembre vogliamo anche noi parlare di cucina. Perché anche in questa storia ci sono ‘chef’ in camice bianco, ‘ricette’ da mettere a punto e laboratori stellati dove in gioco, però, non c’è un palato da appagare ma una vita da salvare.
Attaccate alla vita con un filo le persone con intestino corto in Italia sono circa 600 di cui almeno un centinaio bambini. Per tutti l’insufficienza intestinale cronica benigna significa dover dipendere, spesso per tutta la vita, da un macchinario che eroga nutrienti direttamente in vena tramite un catetere. La rarità e la complessità della malattia, rendono necessaria un’assistenza continua e specializzata che negli anni ha fatto passi in avanti importanti per i pazienti e le loro famiglie, fino ad arrivare a garantire una vita “normale” soprattutto ai più piccoli, attraverso lo “zaino magico”. Ed è proprio questo il nome di un’App messo a punto dall’Ansa dove trovare informazioni e storie. Per avere strumenti utili, per saperne di più, per sentirsi meno soli. Sul sito dell’ANSA la sezione dedicata allo ‘Zaino magico’ dove si possono leggere le storie. “La vostra salute” ha deciso di navigare nello speciale e condividere il racconto di ciò che succede in una “cucina” davvero particolare: i laboratori della Baxter dove dal 1984 si preparano le sacche destinate a pazienti. Con consegna a domicilio e non importa se ci sono giorni di festa, scioperi, alluvioni e persino il terremoto: la consegna va fatta.
In Italia è la Farmacopea a regolamentare la preparazione e produzione delle sacche per la nutrizione parenterale a livello ospedaliero. Il confezionamento di queste sacche può comportare, per la complessità della loro preparazione, alcuni rischi dovuti alla prescrizione, trascrizione e somministrazione. Un non corretto allestimento delle sacche può aumentare il rischio di complicanze nei pazienti, fino al decesso. Lo stesso Ministero della Salute ha iniziato a mettere in evidenza il rischio di procedure non corrette nella fase di prescrizione e allestimento ospedaliero delle sacche di nutrizione nella Raccomandazione 7 (Marzo 2008).
«Rispondendo ad una richiesta di un medico, nel 1984, Baxter ha creato il servizio di Nutrizione Parenterale Domiciliare – spiega Luigi Antoniazzi, Amministratore delegato Baxter Italia – offrendo per la prima volta ad un paziente una ‘giornata di terapia’ che gli consentisse di ricevere prodotti e servizi direttamente a casa in tutta sicurezza».
Sterile e controllata come un farmaco, ma personalizzata come un abito su misura che oltretutto cambia quando cambiano le esigenze del paziente. La via per ottenere una sacca per la nutrizione parenterale perfetta passa per una lunga serie di passaggi e controlli di qualità che impegnano il personale dello stabilimento Baxter di Sesto Fiorentino, che gestisce tutte le fasi di vita delle sacche. Dalla definizione della composizione fino alla consegna nel frigo apposito fornito in dotazione al paziente, la sacca passa sotto decine di occhi attenti, un monitoraggio che continua anche dopo, con la possibilità di intervenire subito se si verifica qualche problema.
«Il prodotto nasce principalmente da un lavoro a monte – spiega la responsabile della produzione dei nuovi prodotti – c’è una richiesta da parte del medico per un paziente specifico. Sulla base della composizione indicata dallo specialista si fa uno studio di stabilità, in cui si cerca la miscela di amminoacidi, glucosio e elettroliti che allo stesso tempo abbia la composizione più simile possibile a quella desiderata ma sia anche sufficientemente stabile nel tempo. Una volta ottenuta andiamo avanti con il processo di produzione, per cui la farmacista verifica che il prodotto sia conforme, sia stabile, stabilisce i requisiti di produzione e i criteri di aggiunta della miscela e passa alla produzione vera e propria».
Una volta iniziata la produzione ogni singolo passaggio viene monitorato, con le analisi che non vengono fatte ‘a campione’ ma riguardano la totalità dei lotti creati. «I controlli che vengono fatti sono di processo, per cui il nostro lavoro viene monitorato in ogni istante anche con telecamere, e poi c’è il controllo finale su ogni prodotto, che comunque certifica e garantisce il requisito di sterilità sulla base del contenuto particellare e dell’assenza di endotossine. I controlli biologici sul prodotto finale sono fatti al 100% su tutte le unità prodotte che vengono testate all’interno dei nostri laboratori, ogni passaggio è certificato e il rilascio viene fatto solo dopo l’analisi del prodotto». Le sacche sono considerate ‘a metà’ tra un prodotto farmaceutico vero e proprio e una formulazione galenica, come quelle che è possibile ottenere in farmacia ‘artigianalmente’.
Glucosio, amminoacidi, lipidi, vitamine, sali minerali ed acqua: sono questi gli ingredienti della sacca che alimenta persone con insufficienza intestinale uniti e miscelati in modo sterile e stabile. «Questo richiede ambiente di miscelazione che mantenga la sterilità del prodotto – dice la responsabile Baxter per il Compounding Quality, ossia delle miscele contenute nelle sacche – che andrà poi a finire nelle sacche. E’ una produzione che necessita un sistema di qualità che garantisca la riproducibilità con le stesse caratteristiche. Il concetto di convalida di tutte le apparecchiature necessarie alla miscelazione era già avanzato trenta anni fa. Fin dall’esordio della sua attività di produzione abbiamo sempre garantito qualità e stabilità delle preziose sacche che alimentano migliaia di persone in Italia».
Non c’è sciopero, alluvione, nevicata che tenga. La sacca deve arrivare a destinazione dal paziente a qualsiasi costo, e per poterla portare c’è bisogno qualche volta di un esercizio di creatività. Sulla carta sembra semplice: una volta prodotte le sacche e verificata la loro sterilità a 15 giorni dalla produzione vengono spedite a casa del paziente. C’è però la complicazione che la sacca può essere stoccata solo per 90 giorni, e quindi il paziente ha bisogno di spedizioni periodiche e non può fare la ‘scorta’. A questo si aggiungono eventuali imprevisti, che vanno da una rottura del frigo a uno sciopero dei trasportatori.
«Sono successi episodi particolari che sicuramente hanno messo alla prova la volontà un po’ di tutti di cercare di gestire al meglio la vita di un paziente – spiega la responsabile dei nuovi prodotti messi a punto nello stabilimento toscano – C’è stata ad esempio una occasione in cui durante uno sciopero degli autotrasportatori il camion con le sacche non riusciva a passare, avevano addirittura tagliato le gomme, ma siamo riusciti con l’aiuto delle forze dell’ordine a recapitare le sacche al paziente. Altre volte abbiamo esaudito richieste dei pazienti, come quella di un bambino di andare in Canada per conoscere il paese dei nonni e vederli per la prima volta. Questo è stato un lavoro di gruppo che ha messo in moto tutta la macchina e ha permesso di fare delle consegne quasi impossibili, è stato un lavoro dettato dalla forza di volontà dei singoli e delle persone che lavorano qui dentro. Gli episodi sono tantissimi, una volta abbiamo mandato una paziente in età scolare in gita scolastica in Francia, anche se la scuola non voleva. Anche in questo caso è stato tutto il team che con grande impegno ha reso il più normale possibile la vita di una ragazza che ha una patologia».
« Ci sono state alluvioni e consegne fatte con l’aiuto delle forze dell’ordine – conferma un’operatrice del Customer Service -, la vacanza ormai invece non è un evento straordinario, la gestiamo normalmente se è all’interno dell’Italia, anche se ci capita qualche volta che ci richiedano consegne in posti remoti». Molto spesso oltre che con i piccoli pazienti bisogna ‘lavorare’ anche con i genitori. «In particolare mi ricordo quando mi occupavo di produzione – continua la responsabile -, c’era un contatto diretto con i familiari che mi creava ansia da una parte, ma che dall’altra m dava quello stimolo a lavorare sfidando il tempo e cercando ad esempio di consegnare in periodi impensabili. Mi ricordo un episodio quando io ero mamma da poco, era arrivata la richiesta di una signora che desiderava portare a casa il bambino in prossimità del Natale. Non so come abbia avuto accesso diretto al numero delle farmaciste, ma questa cosa mi ha coinvolta e abbiamo fatto l’impossibile per produrre e consegnare in tempo quanto necessario per mandare il bambino a casa».