Non è vero che va tutto bene

Può un numero descrivere un orrore? Forse no. Ma se a quel numero diamo un nome, un volto, una voce, una storia allora il discorso cambia. E se ogni donna si rendesse conto che anche il suo nome potrebbe far parte di quella casistica allora, forse, le cose sarebbero diverse. Sono 59 le donne uccise nei primi sei mesi di quest’anno in Italia. Madri, sorelle, figlie. Spesso – purtroppo verrebbe da dire – anche mogli, compagne, fidanzate perché la mano dell’assassino è quasi sempre quella di chi le ‘amava troppo’. Oggi, 25 novembre, Giornata Mondiale contro la violenza delle donne vale la pena di fermarsi a pensare che siamo tutte quelle 59 donne. Perché non ‘se la sono andata a cercare’, hanno solo avuto la sfortuna di fidarsi della persona sbagliata. Di non aver avuto la forza di scappare via (perché quegli uomini la forza te la tolgono) e chi stava intorno a loro ha voluto credere alla favola del ‘va tutto bene’ ma con il senno del poi non andava bene proprio niente e i segnali c’erano tutti. Se c’è una colpa in queste storie – oltre a quella enorme ed imperdonabile dell’assassino – è quella della Società che non aiuta le donne a scappare, non aiuta le sorelle ad aiutare, non aiuta le madri ad educare i figli maschi ad essere degli uomini degni. E visto che ‘la Società’ non è un’entità astratta che non ci appartiene, siamo tutti un po’ colpevoli.
Nei primi 6 mesi del 2020 – gran parte dei quali passati in lockdown – e quindi per alcune donne nelle mani dell’aguzzino – i ‘reati spia’ e cioè i reati che sono riconducibili ad una violenza di genere (atti persecutori, maltrattamenti e violenze sessuali) sono stati 16.856. Ma non è che la punta dell’iceberg.
(A questo link il report completo:https://www.osservatoriodiritti.it/wp-content/uploads/2020/11/violenza_sulle-donne-dati.pdf)
Sì perché il proverbio ‘la casa nasconde ma non ruba’ che i nonni ci dicevano quando affannosamente cercavamo un oggetto che non riuscivamo a trovare, non vale quando ‘l’oggetto’ in questione è una donna. Nel suo caso ‘la casa nasconde e ruba. Per sempre’. Perché è tra le mura domestiche che si vive l’inferno. Di nascosto, in silenzio. Con i figli testimoni muti dell’orrore. ‘Gli altri’ non devono sapere. ‘Lui’ è un mostro da tenere nascosto. In fondo è l’unico modo per non urlare al mondo intero che oltre al mostro c’è una vittima incapace di scappare. Perché c’è ancora chi pensa che magari, sotto sotto, lui ‘avrà le sue ragioni’. E poco importa che la tua colpa sia quella di non aver stirato una camicia.
La casa nasconde. La casa ruba. Porta via felicità, dignità, autostima. Niente sarà più come prima. E anche chi riesce a spezzare l’incubo non tornerà più la ragazza di una volta. Mai più.

Stalking, aggressioni verbali e psicologiche, revenge porn, controllo ossessivo, limitazione della libertà sono solo alcune delle violenze che una donna può subire. Non lasciano lividi ma lasciano ferite.
Secondo un report di D.i.RE, Donne in Rete contro la violenza è quella psicologica lla violenza più comune, subita dal 79,5% delle vittime, seguita da quella fisica (60%), economica (35%), sessuale (15,3%) e stalking (14,7%). L’autore è nel 79% dei casi italiano, nel 46% ha tra i 30 e i 59 anni e nel 40% ha un lavoro stabile. Quasi sempre si tratta del partner (55% dei casi) o ex partner (quasi il 20%). A questo link l’elenco dei Centri della rete D.i.RE ai quali chiedere aiuto: https://www.direcontrolaviolenza.it/

Il 1522 è stato attivato nel 2006 dal Dipartimento per le Pari Opportunità, è attivo 24 ore su 24, tutti i giorni dell’anno ed è accessibile dall’intero territorio nazionale gratuitamente, sia da rete fissa che mobile. L’accoglienza è disponibile nelle lingue italiano, inglese, francese, spagnolo e arabo.Negli ultimi anni le chiamate valide al 1522 sono state in costante aumento, con un incremento nel 2019 rispetto al 2016 pari al 20,7%, da 17.616 a 26.477. In particolare, nel 2020 le chiamate valide sono fortemente aumentate superando in 10 mesi i livelli degli anni precedenti. Le chiamate hanno raggiunto incrementi elevatissimi in corrispondenza dei mesi del lockdown, con 5.031 telefonate valide dal 1° marzo a metà aprile (il 73% in più rispetto allo stesso periodo nel 2019).

A chiedere aiuto sono in più del 90% dei casi le persone vittime della violenza, ma le chiamate arrivano anche da parenti, amici e conoscenti e da operatori. In ambito familiare a segnalare la violenza sono soprattutto i genitori delle vittime (22,3% nel 2020), seguiti dai figli (15,4%) e dai fratelli o le sorelle (11,3%).
La violenza riportata è nel 58,4% dei casi ad opera di partner attuali, nel 15,3% di ex partner e nel 18,8% di un familiare (prevalentemente genitori o figli). Quest’ultimo dato è in aumento rispetto agli altri anni.
Di particolare rilievo anche i primi dati sugli accessi delle donne in Pronto Soccorso nel triennio 2017-2019, dai quali emerge che nel triennio 2017-2019 sono 16.140 le donne che hanno avuto almeno un accesso in Pronto Soccorso con l’indicazione di diagnosi di violenza ed il corrispondente numero totale di accessi è pari a 19.166 (1,2 accessi pro capite in media). Le stesse donne nell’arco del triennio hanno effettuato anche altri accessi in Pronto Soccorso con diagnosi diverse da quelle riferibili a violenza.
Due accessi su tre avvengono perché la donna si reca di sua iniziativa al Pronto Soccorso, quasi un accesso su quattro (che riguarda soprattutto le donne più anziane) richiede l’intervento del 118.
Circa le Case Rifugio, a fine 2018 ne risultano attive 272, in aumento rispetto alle 232 del 2017. Le Case Rifugio hanno ospitato nel 2018 in totale 1.940 donne e di queste il 62,1% è composto da straniere.
L’accoglienza e l’ospitalità offerta alle donne sono inserite nella maggioranza dei casi in un percorso personalizzato di uscita dalla violenza che la Casa ha progettato in accordo con le donne accolte. Il 91,4% delle Case Rifugio ha infatti progettato un percorso personalizzato per tutte le ospiti.
La metà delle donne uscite dalle Case Rifugio nel 2018 ha concluso il percorso di uscita dalla violenza e il 7,8% ha lasciato la Casa per conclusione del percorso di ospitalità, facendo intravedere un esito positivo per circa 6 donne su 10.