L’Italia dei trapianti deve tanto ad un bambino, Nicholas. Ed è dai giovani che dobbiamo ripartire
A Nicholas sono in tanti in Italia a dover dire grazie. Non solo le 5 persone che tornarono alla vita ma un intero popolo. Perché se i trapianti e le donazioni in Italia, oggi, sono una concreta realtà il merito è anche di quel bambino di 7 anni. E dei suoi genitori. Nicholas che era in vacanza in Italia dove tra scaramanzia e pregiudizi, alla parola trapianti si facevano gli scongiuri. E’ il 1 ottobre del 1994 quando Nicholas Green muore dopo due giorni di agonia per colpa di uno scambio di persona e di un proiettile sulla Salerno-Reggio Calabria. I genitori donano cuore, fegato, pancreas, reni e cornee del piccolo: 4 adolescenti e un adulto tornano a vivere, due persone riacquistano la vita, un intero popolo scopre una coscienza. «Bisogna parlare di donazioni e trapianti d’organo ai ragazzi – dicono Umberto Cillo (presidente eletto della Società Italiana Trapianti d’Organo – SITO) e Franco Citterio (presidente della Fondazione Italiana Promozione Trapianti d’Organo – FIPTO) al 40esimo Congresso SITO in corso a Roma in occasione della Tavola Rotonda ‘Come fare più trapianti in Italia’ alla presenza proprio del papà di Nicholas, Reginald Green – perché solo così possiamo educare una generazione a queste tematiche così importanti. Se ci sono ancora delle resistenze in tema di donazione d’organi è perché la gente ne sa ancora troppo poco. E persino nei confronti dei trapianti c’è diffidenza, si credono erroneamente degli interventi pioneristici. Educare, per i latini, significava ‘condurre fuori’. Ecco noi chiediamo di prendere per mano le nuove generazioni e condurle fuori dal pantano dei pregiudizi e della disinformazione. Bisogna spingere dal basso, anagraficamente parlando. Chiunque conosca un bambino o un ragazzo sa che a loro volta sanno essere dei grandi ‘educatori’ della famiglia. E allora come si parla di educazione alimentare, di lotta al fumo e alle droghe, di contrasto al bullismo allo stesso modo è arrivato il momento che si parli di trapianti e di donazioni. Solo così tra qualche anno, quando questi ragazzi ormai maggiorenni saranno chiamati ad esprimersi sulla loro volontà in tema di donazioni saranno pronti per una scelta consapevole. Per vincere questa battaglia serve l’aiuto di tutti ma servono soprattutto le menti e cuori delle giovani generazioni. Più pronte a sentir parlare di morte e di vita».