Non diverso ma unico. Le ‘non parole’ di Marco che raccontano tanto
Mi chiamo Eura, ho 69 anni e sono madre di un figlio disabile, Marco, alla soglia dei 43 anni. Il 3 dicembre è la giornata della disabilità e voglio provare ad immaginare, almeno per una volta, che mio figlio possa scrivere una lettera, riflessioni e pensieri che possano giungere nei meandri di una moltitudine di cuori, i vostri.
“Salve mondo, sono Marco, un uomo ormai. Di uomo forse in me non riconoscerete nulla, non cammino, non formulo pensieri logici, non faccio quasi nulla da solo. Tutto ciò di cui ho bisogno lo ricevo da mia madre, Eura, una donna che ha vissuto sempre accanto a me, o forse sempre un passo avanti. Mio padre non c’è più da 14 anni, ogni volta che ascolto le canzoni di Claudio Baglioni mi ricordo di lui e mi viene da piangere…Lacrime che irrorano il dolore e la dolcezza di un ricordo, tanti ricordi, quelli che abitano in me e che non posso raccontare a nessuno, o meglio, li racconto a modo mio, con le mie lacrime o un’espressione del volto che solo chi ha imparato a conoscermi sa accogliere e comprendere: mia madre. Lei è una donna che amo, dal profondo del mio cuore privato, ostacolato dall’impossibilità di esprimere le mie emozioni perché mi mancano le parole, i pensieri e un ordine che possa organizzarli. Ma non fa nulla, lei, mamma, mi sa capire. Mi scruta, osserva i miei più piccoli movimenti, ascolta i miei silenzi, tutto ciò che non dico ma che riempie di dialoghi i nostri cuori. L’amore per lei lo riesco ad esprimere solo abbracciandola, baciandola, accoccolandomi a lei, ed è in quel preciso istante che sento di appartenere ad un mondo che mi accoglie davvero. Vorrei solo che attorno a me ci fossero occhi accoglienti, carezze spontanee e non impaurite dalle mie urla, a volte mi esprimo così, non volti che si girano dall’altra parte, bambini strattonati e allontanati da me perché sono malato, questo è quello che dicono i loro genitori. Non sono malato, sono unico, diverso da tutti gli altri, così come tutti gli altri sono diversi da me. E allora, se per dar vita ad un disegno ci vogliono tante tonalità di colore, permettete alla diversità di mescolarsi con i colori della”normalità”! Lasciate che questo intreccio di unicità crei sfumature brillanti e generatrici di bellezza, la stessa che mia madre sa imprimere su tele vergini. Lasciate che il mio essere entri a far parte della vostra unicità, in modo tale da dipingere un quadro sociale rispettoso e degno di ogni specificità umana. Con l’affetto che riesco ad esprimere solo con le mie “non parole” “. Marco