Mannino:per affrontare l’emergenza diabete bisogna ridisegnare alcune regole

Diabete: è la pandemia del secolo. Eppure non fa paura come dovrebbe. C’è persino chi la ritiene un ineluttabile acciacco dell’età. Ma i numeri parlano chiaro: sono circa 3,5 milioni in Italia i diabetici ai quali bisogna aggiungerne un milione che non sa di esserlo. E, quindi, non si cura. Nel mondo le cose non vanno meglio: se oggi i diabetici sono più di 400 milioni nel 2045 diventeranno più di 600. I dati da bollettino di guerra sono stati diffusi dall’osservatorio Arno che monitorizza le prestazioni sanitarie erogate dal SSN ai cittadini. Ed è proprio il Servizio Sanitario Nazionale che rischia di vacillare sotto i colpi diquesta pandemia se non si interviene adeguatamente. Perché il diabete uccide più del cancro. Perché il diabete provoca disabilità, infarti, ictus, amputazioni, problemi alla vista e dialisi. Perché al diabete ogni giorno paga un prezzo altissimo il paziente, i familiari ma anche la stessa collettività. In termini umani ma non solo. I pazienti italiani hanno accesso, grazie al Servizio Sanitario Nazionale, alle migliori cure possibili eppure uno su 4 non è adeguatamente controllato e rischia crisi ipoglicemiche. Perché non sa diavere il diabete? Perché in molti casi il suo unico interlocutore resta il Medico di Medicina Generale che ha accesso solo alle sulfaniluree, farmaci dal prezzo molto contenuto ma decisamente superati? Perché manca una cultura della malattia? Troppi interrogativi senza risposta. Così, nonostante una rete diabetologica che è fiore all’occhiello del nostro sistema sanitario è ancora molto alta la percentuale dei pazienti non adeguatamente trattati e controllati. Doveva essere un ingranaggio perfetto, che cosa si sta inceppando? La domanda è per Domenico Mannino, presidente dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD) al quale alla vigilia della Giornata Mondiale del Diabete del 14 novembre chiediamo di fare il punto sul diabete in Italia cercando di capire proprio le luci e le ombre del Sistema.

Professor Mannino, tutti gli organi di stampa in questi giorni hanno titolato sull’emergenza diabete. Si parla di vera e propria pandemia. Un’esagerazione giornalistica?
No. E’ assolutamente legittimo parlare diemergenza. Ce lo confermano i dati ma soprattutto ce lo conferma la praticaclinica di ogni giorno. E’ un’emergenza perché aumentano i pazienti ma èun’emergenza perché aumentano i danni e costi umani. Il diabete è una patologiaevolutiva e degenerativa che è responsabile di un alto numero di invalidità emortalità.
I numeri sono importanti in questa fotografia. Ci danno le proporzioni, i chiaro-scuri, i contorni. Dopo quelli dei malati, quelli dei costi. Un paziente diabetico costa al Servizio Sanitario Nazionale 2900 euro l’anno (contro i 1300 di una persona non diabetica) e la spesa è generata per almeno metà dai ricoveri e solo il 7 per cento è assorbita dai farmaci. Il costo attribuibile alle complicanze e alle patologie concomitanti, diverse dal diabete, rappresenta il 90 per cento della spesa complessiva, mentre solo il 10 per cento è generato dalla gestione dal diabete di per sé. Questo significa che un paziente diabetico non adeguatamente controllato ‘non ha prezzo’ perché infarti, ictus, invalidità, ricoveri sono complicanze importanti. Sotto questi colpi crollerebbe qualsiasi Sistema Sanitario Nazionale. Il nostro resiste?
No, il nostro vacilla. Ma è bene sottolineare diversi aspetti. Iniziamo dalle fondamenta e cioè dalla rete diabetologica. In occasione del IX Convegno Nazionale di Fondazione AMD che si è appena concluso, abbiamo presentato gli Annali nei quali abbiamo dato la fotografia dell’assistenza erogata a più di 455 mila pazienti dei quali il 91% con diabete di tipo2 in 222 centri di diabetologia nel 2016. Rispetto all’ultima rilevazione del 2011, nonostante alcune zone d’ombra – ad esempio ilcontrollo del piede diabetico e della retinopatia, e la registrazione delle complicanze – è costante il miglioramento su diversi fronti: nel monitoraggio della malattia e dei fattori di rischio cardiovascolare, nel numero di pazienti con valori adeguati di emoglobina glicata, colesterolo e pressione, e nell’impiego più appropriato dei farmaci. Un bilancio particolarmente significativo che colloca il nostroPaese tra quelli più virtuosi nella cura di questa patologia. Però il meccanismo si sta inceppando. E non per la mancanza di qualità nei professionisti, anzi c’è veramente l’eccellenza, ma perché non si è tenuto il passo proprio con questa emergenza che ci costringe a rivedere i modelli, le regole, i percorsi.
Ci aiuti a capire con qualche esempio.

Ne potrei fare moltissimi. Ad esempio l’accessibilità ai servizi che è sempre più difficile. Perché a fronte di una crescente domanda si sono contratti per numero a causa proprio di una riorganizzazione del SSN. E poi c’è un certo ritardo anche nel percorso diagnostico-assistenziale perché mettere insieme a pieno regime il team polispecialistico, per esempio il cardiologo, il nefrologo, il dietista, è una ‘mission impossible’. La sfida a cui siamo chiamati per garantire il mantenimento e il miglioramento di un alto livello di assistenza, a fronte di un costante aumento del bisogno, ci spinge a sfruttare tutte le armi a disposizione: competenze e strumenti tecnologici che ci consentono di fare la differenza per la qualità di vita delle persone con diabete.
L’accesso alle terapie è una questione di grande rilevanza perché un paziente non controllato è un paziente costoso e un cittadino a carico della collettività.
Ormai è chiaro a tutti noi specialisti e a chiunque abbia a che fare con il diabete che la questione dei cosiddetti ‘farmaci innovativi’ che possono essere prescritti solo dagli specialisti deve essere risolta e anche in tempi rapidi. Si è aspettato troppo. Sono farmaci ‘innovativi’ ma non per questo non sono conosciuti o consolidati dalla pratica clinica. Anche qui parlano i numeri, parlano gli studi, parla la real world evidence: questi farmaci sono più sicuri rispetto ai farmaci più datati perché non provocano ipoglicemie. E questo è un aspetto fondamentale per la salute e la vita delle persone diabetiche. E direi anche per la salute dello stesso Sistema Sanitario Nazionale. Perché sappiamo anche che più precocemente vengono usati e meglio funzionano, e più il paziente è controllato. Direi usiamoli e usiamoli presto. Ma questa affermazione – che affonda in certezze scientifiche– si scontra con i limiti del piano terapeutico attualmente in vigore che non solo ne impedisce la prescrizione ai Medici di Medicina Generale ma ne limita anche l’uso precoce per lo stesso specialista.
Lei è abituato a prescrivere terapie ai pazienti. Se potesse prescrivere una terapia al Sistema Sanitario Nazionale, in tema di diabete, cosa scriverebbe nella sua ricetta?
Ci sono molte cose da fare. Ma inizierei togliendo il Piano Terapeutico e dando ampia attuazione alla gestione integrata del paziente. In altre parole, ‘prescriverei’ di aprire i farmaci innovativi anche ai Medici di Medicina Generale (in Europa siamo i soli ad avere ancora questa limitazione) e di permetterne un uso più precoce. Si tratta di riconsiderare la ‘burocrazia’ della gestione del paziente, di riconsiderare i costi-benefici e di tenere a mente che un paziente adeguatamente controllato è solo apparentemente un paziente più costoso ma, al contrario, è un vantaggio per tutto il Sistema Sanitario Nazionale. Ripartiamo dalla rete diabetologica che abbiamo e che è un modello eccellente ma adeguiamo i processi alla realtà odierna che ci viene dalla Società e anche a quella checi viene dalla Ricerca farmacologica che fortunatamente va avanti.
Dell’apertura dei farmaci innovativi ai Medici di Medicina Generale si parla ormai da tempo. A che punto è la situazione in Aifa
Abbiamo avuto un incontro a settembre nel quale la discussione ha affrontato proprio come aprire ai Medici di Medicina Generale ridisegnando il Piano Terapeutico. Ci saremmo dovuti rivedere a breve ma l’incontro è stato annullato.
Quest’anno il SSN compie 40 anni. Un sistema che si basa sull’uguaglianza deicittadini nei confronti del servizio. Lo stesso ministro Grillo nel suodiscorso programmatico ha detto di voler dare concretezza al concetto di universalismo. Affrontare l’emergenza diabete in modo nuovo sarebbe un bel modo per dare senso a queste parole. Sappiamo tutti che molti pazienti non accedono alle cure specialistiche per una serie di difficoltà.
Sì sarebbeun ottimo modo per onorare questo anniversario. E anche il nostro Servizio Sanitario Nazionale che con tutte le sue luci e le sue ombre deve comunque essere un motivo di orgoglio per il nostro Paese. Si dovrebbe fare di più. Si potrebbe fare di più. Noi diabetologi ci siamo per fare la nostra parte. Al sevizio del Paese ma soprattutto al servizio dei pazienti.
