Leucemie, la terapia “su misura” adesso è più vicina
Con l’autorizzazione alla messa in commercio di due ‘super farmaci’ la Commissione europea fa fare un balzo in avanti alla lotta al cancro grazie all’immunoterapia CAR-T (sul sito dell’adnkronos tutti i dettagli) ma ancora non è a disposizione dei pazienti. «Un passo in avanti ma ancora non siamo arrivati a poter utilizzare sul territorio Italiano queste terapie – spiega la professoressa Concetta Quintarelli, Responsabile dell’Unità di Terapia Cellulare e Genica dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma presso il Dipartimento di Onco-Ematologia Pediatrica Terapia Cellulare e Genica diretto dal professore Franco Locatelli – perché l’autorizzazione alla messa in commercio non comporta l’immediato utilizzo dei farmaci, in altre parole domani mattina i pazienti non potranno essere trattati con questo approccio terapeutico. Ci sono ancora delle procedure burocratiche e amministrative da ottemperare per far sì che il Sistema Sanitario Nazionale possa mettere a disposizione dei pazienti italiani tali farmaci». Perché la UE ha dato l’ok ma adesso la parola spetta ai singoli Paesi. Una precisazione doverosa per evitare speranze che si andrebbero ad infrangere con una dolorosa realtà. Ma è comunque un passo in avanti importante e che fa toccare con la punta delle dita l’introduzione sul campo di questo rivoluzionario approccio terapeutico. Siamo davvero ad un passo dalla svolta.

Dottoressa Quintarelli, perché l’immunoterapia CAR-T è così rivoluzionaria?
Perché cambia completamente l’approccio al trattamento. Fino ad oggi si è parlato di terapia ‘personalizzata’ ma in realtà utilizzavamo farmaci mirati a specifiche categorie di pazienti. L’immunoterapia CAR-T, invece, è proprio per quello specifico paziente e per nessun altro, è davvero studiata ‘su misura’ sul singolo perché utilizza le cellule dello stesso paziente.
Un procedimento molto complesso difficile da spiegare in modo semplice. Cerchiamo comunque di renderlo il più possibile schematico.
La terapia genica con cellule modificate CAR-T è stata sperimentata per la prima volta con successo nel 2012, negli Stati Uniti, su una bambina di 7 anni con leucemia linfoblastica acuta, dai ricercatori dell’Università di Pennsylvania presso il Children Hospital di Philadelphia. Si prelevano i linfociti T del paziente – le cellule fondamentali della risposta immunitaria – e si modificano geneticamente attraverso un recettore chimerico sintetizzato in laboratorio. Questo recettore, chiamato CAR (Chimeric Antigenic Receptor), potenzia i linfociti e li rende in grado – una volta reinfusi nel paziente – di riconoscere e attaccare le cellule tumorali presenti nel sangue e nel midollo, fino ad eliminarle completamente.
Con questa tipologia di terapia non si può andare in farmacia e richiedere un farmaco pre-confezionato. E allora come si procede?
In ospedale si studia il paziente e se il tumore del paziente presenta determinate caratteristiche il paziente è eleggibile al trattamento. A questo punto si prelevano al paziente le cellule di interesse (i linfociti T) che inviamo alla casa farmaceutica (o ad un centro di alta specializzazione per la manipolazione genica) che le modifica in laboratorio per inserire un recettore (CAR) capace di riconoscere ed uccidere le cellule leucemiche. Quindi, sempre in laboratorio, queste cellule modificate vengono fatte riprodurre in modo da ottenerne una quantità opportuna in base al peso del paziente stesso. Quindi, questa terapia davvero ‘su misura’ viene inviata dal centro di produzione all’ospedale e si procede al trattamento vero e proprio, le cellule vengono reintrodotte nel paziente per infusione, (è una semplice flebo che dura pochi secondi), in modo che possano agire uccidendo le cellule tumorali. I due ‘super farmaci’ di cui si parla sono proprio basati su questa procedura.
I due ‘super farmaci’ autorizzati al commercio per quali tipi di tumore hanno ottenuto l’indicazione?

Uno dei due medicinali è tisagenlecleucel che è stato approvato per il trattamento di pazienti pediatrici e giovani adulti fino ai 25 anni con leucemia linfoblastica acuta (LLA) a cellule B refrattaria, in recidiva post-trapianto o in seconda o successiva recidiva; e per il trattamento di pazienti adulti con linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL) recidivante o refrattario, recidivanti o refrattari dopo due o più linee di terapia sistemica. L’altro è axicabtagene ciloleucel che ha ricevuto dalla Commissione europea l’autorizzazione all’immissione in commercio come trattamento di pazienti adulti con linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL) e con linfoma primitivo del mediastino a grandi cellule B (PMBCL) – entrambi recidivanti o refrattari – dopo due o più linee di terapia sistemica.
A febbraio di quest’anno il Bambino Gesù di Roma ha dato l’annuncio di aver trattato con successo, proprio con questo approccio personalizzato un bambino affetto da leucemia linfoblastica acuta. Stiamo parlando della stessa terapia?
Parliamo della stessa ‘filosofia’, dello stesso approccio ma non degli stessi farmaci. Il farmaco utilizzato dall’Ospedale Bambino Gesù è un farmaco interamente nato nel nostro Ospedale, dal disegno alla produzione (per questo definito studio accademico). In particolare, nel nostro farmaco oltre ad aver inserito il recettore CAR, rispetto ai farmaci autorizzati ora dalla UE, abbiamo anche cercato di migliore l’aspetto della sicurezza dell’approccio grazie all’inserimento di un ‘gene suicida’. Tale accortezza ci consente di eliminare le cellule infuse qualora si registri una tossicità che possa mettere in pericolo il paziente. Abbiamo già trattato 8 pazienti affetti da LLA o DLBCL con un recettore CAR simile a quello utilizzato nei farmaci approvati dalla Commissione Europea e 6 pazienti affetti da neuroblastoma refrattario con un farmaco che riporta un CAR a specificità diversa rispetto al primo, con risultati davvero molto incoraggianti. Gli eventi di tossicità non sono stati rilevanti, per tanto i clinici non sono stati mai costretti ad utilizzare il gene suicida. L’attivazione di questi due studi accademici (quindi non si tratta di studi industriali sponsorizzati) è il frutto di quasi quattro anni di lavoro di ricerca pre-clinica all’interno dell’Ospedale, grazie al supporto dell’Associazione Italiana per la Ricerca contro il Cancro (AIRC), del Ministero della Salute, della Regione Lazio e di molte associazioni e Fondazioni non-profit. La produzione del costrutto originale realizzato per la terapia genica cosi come il processo di produzione del farmaco da infondere – un vero e proprio farmaco biologico – avvengono interamente all’interno dell’Officina Farmaceutica (Cell Factory) del Bambino Gesù a San Paolo, autorizzata per quest’attività specifica dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA).
Aspettando l’arrivo di questi due farmaci in modo che possano davvero essere utilizzati dai pazienti, una domanda è d’obbligo: come sta il bambino trattato a febbraio? Tutta Italia fa il tifo per lui (e per voi del Bambino Gesù che siete un fiore all’occhiello del nostro Paese).
Il primo paziente trattato è ad oggi in remissione completa, ovvero non presenta segni di malattia nel suo midollo osseo. E’ un bimbo felice a casa con la sua famiglia che è ritornato ad una quotidianità “normale”. Noi abbiamo il piacere di rivederlo con i suoi genitori durante le visite programmate presso il nostro Day-Hospital! La strada non è facile, sappiamo tutti molto bene che la “cura” dei tumori costituisce un traguardo difficile da raggiungere, ma queste terapie innovative costituiscono un’arma in più che possiamo mettere a disposizione dei nostri pazienti.