Ipertensione polmonare, mettiamola alle corde

Ipertensione polmonare, mettiamola alle corde. Subito. In modo aggressivo. Perché se si vuole vincere questa battaglia contro una malattia grave ed invalidante bisogna non perdere tempo. Le terapie ci sono e vanno messe in campo appena possibile. E’ come un combattimento su un ring: non bisogna lasciare che l’avversario conquisti spazio. «Conosciamo di più la malattia e, fortunatamente, abbiamo anche una nuova consapevolezza non solo su come riconoscerla prima ma anche su come aggredirla. Sappiamo che è pericolosa, che non dobbiamo lasciarle spazio d’azione. E per questo adesso la strategia d’attacco è cambiata e si sceglie la strada “hit hard and hit early” ovvero “colpisci forte e colpisci subito”. E i risultati ci sono» spiega Michele D’Alto, uno dei massimi esperti internazionali della malattia, fondatore e responsabile del Centro per la diagnosi e la cura dell’ipertensione polmonare all’Ospedale Monaldi di Napoli (fanno parte dell’équipe i dottori Emanuele Romeo e Paola Argiento) in occasione del ‘Fifth Focus on pulmonary hypertension’, un convegno internazionale che si tiene a Capri fino all’11 maggio (direttore D’Alto) e che vede la partecipazione di alcuni dei massimi rappresentanti internazionali.

«La malattia resta un nemico difficile e molto pericoloso. Ma rispetto a qualche anno fa dei passi in avanti sono stati compiuti. Ad iniziare dalla diagnosi. Prima si diceva che questa malattia fosse ‘orfana di diagnosi’ perché i pazienti ci arrivavano con anni di ritardo visto che i sintomi della malattia sono subdoli e spesso scambiati per altro, liquidati come stress o persino come eccessiva pigrizia. Oggi, fortunatamente di questa malattia se ne parla di più e quindi è più conosciuta e questo ha fatto sì che i pazienti vengano più rapidamente indirizzati verso specialisti e centri di riferimento in modo da avere prima una diagnosi. Il ritardo ancora c’è ma si è ridotto. Con orgoglio posso dire che la rete di network messa in atto dall’Italia sta dando i suoi frutti. E oggi il nostro Paese è all’avanguardia nel trattamento dell’ipertensione arteriosa polmonare. Addirittura costituiamo un modello da esportare» aggiunge D’Alto, che è anche membro del gruppo di studio sull’ipertensione polmonare della Società Europea di Cardiologia (ESC) e membro dell’American College of Cardiology.
Fino ad ora l’ipertensione arteriosa polmonare (è la forma di ipertensione polmonare per la quale ci sono terapie farmacologiche e non chirurgiche) veniva affrontata con gradualità: si cercava di adattare la terapia al paziente via via che i sintomi si aggravavano cercando di ‘aggiustare il tiro’ secondo un percorso sempre più aggressivo. Oggi l’approccio è drasticamente cambiato, scegliendo una via più frontale che consente anche una maggiore ‘personalizzazione’ dell’intervento. «Abbiamo imparato la lezione dall’oncologia e dallo scompenso cardiaco – spiega D’Alto – e quindi anche noi iniziamo subito con un approccio che si avvale di più farmaci sin dall’inizio in modo da essere aggressivi e mettere alle corde la malattia. I risultati sono sicuramente migliori. Ma non solo, adesso facciamo particolare attenzione anche alla stratificazione del rischio e cioè a quella valutazione multiparametrica (mettiamo insieme l’osservazione clinica, con i biomarkers, i dati ecocardiografici e quelli emodinamici) che ci permette di stabilire il grado di avanzamento della malattia e, di conseguenza, di adottare la strategia terapeutica migliore. E’ una valutazione che richiede molta esperienza e che va ripetuta periodicamente perché è un indice dinamico. Aspetto questo molto importante. Nei pazienti più giovani e privi di altre patologie, una terapia aggressiva e precoce consente a volte di ottenere un miglioramento eclatante, con una ripresa quasi completa delle attività quotidiane ed una buona qualità della vita. Ecco perché bisogna fare presto, non si deve perdere tempo e i pazienti devono essere indirizzati subito verso Centri di riferimento che possano trattarli con le terapie più avanzate. Tutto questo fa capire quanto sia importante il modello della rete sul Territorio, del network».

Ma i pazienti come vivono questo nuovo approccio, più aggressivo? «Oggi più che mai è importante che i pazienti si sentano coinvolti nel percorso terapeutico, non lo devono solo accettare e subire. Perché serve che siano informati e consapevoli. Anche della gravità della loro malattia. Paradossalmente c’è chi sentendosi meglio pensa che si possa abbassare la guardia, che la malattia sia stata sconfitta. Ma non è così. Bisogna imparare a convivere con la malattia, prendere ciò che di buono viene dalle terapie e inventarsi una nuova vita. Ma per fare tutto questo il rapporto con il medico è fondamentale: ci deve essere un dialogo chiaro, aperto e il medico deve comprendere empaticamente i bisogni e le difficoltà del paziente. Solo così il paziente torna ad essere davvero protagonista. Perché rispetto al passato dove non c’erano speranze e ci si aggrappava a dottor Google, anche quando si trattava di fake news, adesso ci sono concrete risposte e benefici reali. Ma bisogna comprenderli e diventare più consapevoli» dice Laura Gagliardini, presidente dell’Associazione Malati Ipertensione Polmonare – AMIP.
Mettere alle corde la malattia, solo qualche anno fa quest’affermazione sarebbe sembrata fantascienza. Ma i passi in avanti sono stati fatti. Anche se la strada è ancora lunga. «Il futuro prossimo dell’ipertensione polmonare è sicuramente pieno di nuovi traguardi, perché la Ricerca sta lavorando e si stanno esplorando nuove vie per scoprire nuovi farmaci ma ci vorrà del tempo. Nell’immediato credo che il consolidamento del network tra i Centri e la migliore conoscenza dell’evoluzione della malattia siano le armi che ci consentiranno di ottenere risultati ottimali da subito. E poi c’è un’altra grande sfida, quella della genetica. Siamo solo all’inizio ma in un futuro molto prossimo la genetica diventerà un aspetto imprescindibile della diagnosi e della cura della malattia» conclude D’Alto.
«In questi anni è stato fatto davvero tanto ma come Associazione Pazienti sappiamo che ci sono ancora luci e ombre, alcune riguardano aspetti culturali altri organizzativi. I pazienti prima di arrivare ad un Centro di riferimento ancora vagano alla ricerca di informazioni e, spesso, di una diagnosi. In qualche modo la loro vita cambia quando approdano ad una Associazione Pazienti perché non solo trovano persone che finalmente li capiscono – e spesso è la prima volta che qualcuno crede in loro – ma anche punti di riferimento ai quali rivolgersi. E’ fondamentale da parte delle Istituzioni che si realizzi finalmente un registro dell’ipertensione polmonare in modo da conoscere quanti sono i malati in Italia e anche per avere la certezza di percorsi diagnostico assistenziali uniformi sul Territorio nazionale. Ai pazienti diciamo, invece, di non sfidare la malattia ma di imparare a conviverci. Per questo stiamo realizzando un ‘Progetto Resilienza’ per imparare a vivere il presente e riscoprire una nuova qualità di vita» aggiunge Laura Gagliardini. Ipertensione polmonare, mettiamola alle corde. Oggi è possibile. Sperando nel colpo del knockout che metta definitivamente a terra questo avversario così pericoloso.
IPERTENSIONE POLMONARE: CONOSCERLA È IL PRIMO PASSO PER AFFRONTARLA
L’ipertensione polmonare è una condizione clinica che colpisce cuore e polmoni. E’ caratterizzata da un aumento della pressione sanguigna nelle arterie polmonari. Possono essere presenti diverse cause alla base dell’ipertensione polmonare che possono portare a insufficienza cardiaca e decesso. Esistono 5 forme di ipertensione polmonare e ognuna di queste può avere a sua volta diverse cause scatenanti. I sintomi variano da individuo a individuo: capogiri, dispnea, grande stanchezza, gonfiore alle caviglie. I primi campanelli d’allarme si osservano con lo sforzo fisico, anche banale come dover salire qualche gradino o vestirsi. Inizialmente è asintomatica e quando i sintomi compaiono la malattia è già progredita. Alla diagnosi si arriva attraverso numerosi esami come l’ecocardiogramma, la spirometria, la TAC del torace con e senza contrasto, la scintigrafia ventilo/perfusoria e il cateterismo cardiaco destro. Ma non basta fare gli esami, è necessario anche che siano occhi esperti a leggerli per riconoscere il problema. Per la forma tromboembolica (Ipertensione Polmonare Cronica Tromboembolica-CTEPH) esiste una soluzione chirurgica (l’endoarteriectomia polmonare -EAP) o interventistica (angioplastica polmonare) in quanto è determinata da una causa meccanica. E’ l’unica forma di Ipertensione Polmonare che può avere una guarigione completa e duratura della malattia. Per le altre forme di Ipertensione Polmonare, come l’Ipertensione Arteriosa Polmonare la ricerca non si è fermata e ha messo a punto farmaci sempre più efficaci e con diverse vie di somministrazione: allungando la sopravvivenza dei pazienti e migliorandone la qualità di vita.
A CAPRI IL FIFTH FOCUS ON PULMONARY HYPERTENSION CON IL PATROCINIO DELL’ESC
Occhi puntati su Capri per fare il punto sull’ipertensione polmonare. Il ‘Fifth Focus on Pulmonary Hypertension’ che si tiene a Capri fino all’11 maggio, all’Hotel La Palma, sotto la direzione di Michele D’Alto vede la partecipazione di alcuni tra i massimi esperti internazionali della malattia. «E’ un appuntamento importante, un brain storming sull’ipertensione polmonare tra i maggiori esperti mondiali. E’ un appuntamento che è diventato un ‘must’ ma che quest’anno ha ricevuto un riconoscimento importante in quanto la Società Europea di Cardiologia ha voluto dare il suo patrocinio (ESC Endorsement) che è per noi il riconoscimento più alto e prestigioso e che ci premia del lavoro svolto. Saranno presentati casi clinici, condivise le più recenti acquisizioni, si parlerà degli scenari futuri, delle diagnosi difficili, dei casi controversi. Anche i colleghi più giovani potranno confrontarsi con i massimi esperti internazionali. Sarà presente anche “la visione della malattia da parte del paziente”, grazie alla partecipazione dell’associazione AMIP» spiega Michele D’Alto. La partecipazione di esperti nazionali ed internazionali è davvero significativa: oltre agli italiani Vizza (Roma), Ghio e D’Armini (Pavia), i professori Rubin (New York), White (Rochester), Simonneau (Parigi), Sitbon (Parigi), Naeije (Bruxelles), Peacock (Glasgow), Benza (Pittsburg), Gibbs (Londra), solo per citarne alcuni.