Dopo 30 anni siamo ancora lì, a far finta che non esista

Quelli che se la vanno a cercare. Ecco, in fondo è questa la sintesi più comune che da trent’anni a questa parte viene fatta da molta opinione pubblica quando si parla di Aids e mondo omosessuale. Quando se ne parla, cioè mai. O quasi mai. Perché l’Hiv non fa più paura. E a guardare le cifre diffuse dall’Istituto Superiore di Sanità si direbbe che non fa più paura neppure a quella comunità di persone, gli uomini che fanno sesso con gli uomini, che paga un prezzo altissimo al virus in termini di contagi. Nessuno ‘se la va a cercare’. Ma se i contagi continuano la loro corsa è bene interrogarsi su cosa non stia funzionando in termini di prevenzione, educazione, informazione. Continua così il nostro viaggio nel mondo dell’Hiv ora che i riflettori della giornata mondiale si sono spenti ed è tornato il silenzio. Seconda tappa: PLUS – Persone LGBT Sieropositive Onlus. Lo facciamo in compagnia del Presidente, Sandro Mattioli.

Le campagne di comunicazione di PLUS sono dirette, crude, vanno al punto senza tanti giri di parole. Quasi ‘politicamente scorrette’ in un periodo in cui le parole si dosano con grande attenzione. Non si può dire che voi non parliate chiaramente del problema. Eppure i numeri dei nuovi contagi, soprattutto tra gli uomini che fanno sesso con gli uomini, non fanno stare tranquilli. Cosa non ha funzionato? E cosa non funziona oggi?
L’Hiv è il virus dei contrasti dal punto di vista della comunicazione. O non se ne parla o se ne parla molto ma a sproposito. Negli ultimi anni abbiamo visto molta disinformazione alternata a molta disattenzione. Sono passati 30 anni da quanto si parlava della ‘peste del secolo’ eppure sembra che non sia passato neppure un giorno. Come se la ricerca non fosse andata avanti, come se la vita da sieropositivi non avesse cambiato volto, come se la società non fosse una cosa diversa. Siamo fermi lì, a quel concetto della ‘malattia di chi se la va a cercare’ che è stato talmente introiettato da essere ormai parte integrante del pensare comune. A questo bisogna aggiungere che in Italia il movimento LGBT ha deciso di demandare ad altri il problema, non se ne è mai occupato davvero lasciando il compito alle associazioni in prima linea. E poi c’è lo stigma più grande, che è quello verso l’omosessualità in generale. Partiamo da lì.
D’accordo, partiamo dall’omofobia. In che modo è collegata con l’Hiv?

Se mi sento reietto, se vengo considerato una persona di serie B, con diritti di serie B, se penso di non valere niente, allora mi comporterò come una persona che non vale niente. E sarò più esposto al rischio. Se si continua a discriminare, allora l’Hiv continuerà non solo ad andare avanti ma anzi, riprenderà la sua corsa.
Gli uomini che fanno sesso con gli uomini sono una categoria decisamente a rischio. Sono a rischio i giovanissimi e sono a rischio quelli più avanti con gli anni che pure hanno visto le campagne degli anni ‘80-‘90, ma non sembrano ricordarsele più.
Sono gli ‘ignoranti’ la categoria più a rischio di contrarre l’Hiv. Quelli che non sanno, quelli che non sono informati. Quelli che preferiscono mettere la testa sotto la sabbia e non sapere. Quelli che non pensano di essere esposti al rischio. Quelli che non sanno che oggi con la PrEP c’è un’alternativa farmacologica al preservativo. È la non conoscenza e la cattiva informazione che fanno aumentare il rischio. A tutte le età. Anche se i giovani e i meno giovani hanno problemi diversi.
Iniziamo dai ragazzi. Qual è un problema che vi preoccupa?

L’ipocrisia di pensare che i ragazzi giovani, giovanissimi, non facciano sesso. Eterosessuale e non. Non possiamo fare campagne rivolte ai minorenni. Non possiamo nemmeno fare il test senza che entrambi i genitori diano il loro consenso. E questa è una follia. È un voler mettere la testa sotto la sabbia. Come PLUS ci stiamo battendo affinché il test sia accessibile almeno ai ragazzi tra i 16 e i 17 anni. Non possono nemmeno comprare il test in farmacia.
E poi ci sono le persone adulte, anche avanti con gli anni.
Negli uomini che fanno sesso con gli uomini l’età media del contagio inizia ad aumentare. Una possibile spiegazione è anche nella stanchezza. Dopo anni e anni di uso del preservativo si abbassa la guardia, ci si prende la libertà di non usarlo. Anche perché non sempre è facile usarlo sin dall’inizio del rapporto sessuale. L’età gioca un ruolo anche in questo.
All’inizio del nostro viaggio parlavamo anche di come è cambiata la società. In effetti ci sono altri modi per incontrarsi, chat e app. Come si conciliano con la condizione sierologica?
Semplicemente si omette, si trascura, si ignora. Perché internet ti consente di essere altro da quello che sei. E quindi il più delle volte non si dichiara la propria sieropositività. E non si chiede. E non ci si protegge. E poi, sempre a proposito di cambiamenti nella società, non ci dimentichiamo del chemsex, i party dove sesso e droga sono i protagonisti. Si abbattono le inibizioni ma anche la consapevolezza e le difese.
Cosa fa PLUS?
Siamo un’associazione di pazienti che vuole stare al fianco della comunità LGBT in tema di Hiv. Sappiamo cosa significa il tema dell’abbandono, della solitudine, dell’emarginazione anche rispetto alla propria comunità di riferimento. Le persone sieropositive non possono essere lasciate sole a gestire sia i rapporti sociali che diventano difficilissimi, sia quelli con la malattia.
Tra 11 mesi circa è di nuovo il 1 dicembre. Si tornerà a parlare di Aids. Per un giorno. Nel frattempo cosa vorreste che facessero le Istituzioni?

Che facesse campagne per spingere le persone a fare il test, anche tra i giovanissimi. E per le persone sieropositive già sarebbe una bella differenza se si attuasse l’obiettivo 90-90-90 che si è prefissato l’Unaids entro il prossimo anno: diagnosticare il 90% delle infezioni da HIV; far entrare in terapia il 90% delle persone con diagnosi di HIV; ottenere l’abbattimento della carica virale nel 90% delle persone in terapia. Ma vorrei anche che la comunità scientifica prendesse atto che è arrivato il momento di aggiornarsi, di fare passi in avanti. Non siamo rimasti agli anni ’80. E infine abbattiamo i pregiudizi, l’omofobia, la discriminazione. Ci serve davvero l’aiuto di tutti. Perché è una questione che riguarda tutti. Tutto l’anno.
(Foto: Pixabay)