Diabete e scompenso cardiaco, un’alleanza pericolosa

Diabete di tipo 2, una pandemia nella pandemia. La lezione appresa in questi ultimi mesi è chiara: è fondamentale tenerlo e mantenerlo sotto controllo perché è un fattore di rischio che non si può sottovalutare. Le persone con diabete sono state tra i pazienti più fragili colpiti dal Covid-19 e tra quelle che hanno avuto più difficoltà a tenere sotto controllo la malattia durante il lockdown. Ma anche prima i dati erano allarmanti, basti pensare che i pazienti diabetici hanno un tasso di ricovero più che doppio rispetto ai non diabetici. Ma non solo: il 12% dei pazienti con diabete di tipo 2 è affetto da scompenso cardiaco e il 30% dei ricoverati per scompenso cardiaco è diabetico. Diabete e scompenso cardiaco. Un’alleanza frequente e molto pericolosa.
E’ in questo scenario davvero preoccupante che arrivano dall’80esimo congresso dell’American Diabetes Association appena terminato, positive e importanti conferme dallo studio VERTIS CV (eValuation of ERTugliflozin effIcacy and Safety CardioVascular) che ha valutato l’efficacia e la sicurezza CV di ertugliflozin, la nuova opzione terapeutica di MSD nella classe degli SGLT2 inibitori.
Nuove conferme per ertugliflozin, soprattutto in termini di riduzione del rischio di ricovero per scompenso cardiaco, che consolidano i sostanziali progressi nelle terapie ipoglicemizzanti in grado di modificare il rischio CV a cui sono esposti i pazienti con diabete. Lo studio ha coinvolto oltre 8.200 diabetici con malattia cardiovascolare accertata di cui il 23,7% con scompenso cardiaco, il numero più elevato mai arruolato in studi di questo tipo.

«Oggi, tutti parlano di pandemia – dice Nicoletta Luppi, Presidente e Amministratore delegato di MSD Italia – rendendosi conto di quanto sia devastante nella vita di un popolo ma, anche e soprattutto, delle singole Persone. Fino a prima del Covid-19, il termine ‘pandemia’ era noto solo agli addetti ai lavori e c’era poca contezza del fatto che ci fosse già una pandemia silenziosa, in Italia e nel mondo, quella del diabete. Ormai è chiaro che non si può più attendere un solo secondo per fronteggiare quel bisogno di salute crescente che viene chiesto, legittimamente, dai pazienti. Noi di MSD siamo impegnati nella Ricerca nel campo del diabete da molti anni, perché il diabete è una vera e propria emergenza sociale, una malattia dai grandi numeri che incide profondamente sul peso della cronicità, come testimoniano i dati epidemiologici e confermano quelli clinici sul campo. Adesso, se possibile, sentiamo ancor più la responsabilità – vorrei dire il dovere – di fare la differenza nella vita delle Persone e le importanti conferme che arrivano dallo Studio Vertis CV danno una risposta al valore generato dall’innovazione terapeutica per migliorare, concretamente, la vita delle Persone con diabete. Sono per noi uno stimolo ad andare avanti, a spingerci oltre e non sentirci mai ‘sazi’ dei risultati raggiunti».
Ertugliflozin, il nuovo SGLT2 inibitore, grazie al suo meccanismo d’azione innovativo, del tutto indipendente dall’insulina fornisce duraturi effetti sul compenso glicemico e sugli endpoint extraglicemici quali riduzione del peso corporeo e della pressione arteriosa. I risultati dello studio Vertis CV appena presentato hanno dimostrato che ertugliflozin esplica anche un’azione protettiva a livello cardiaco in termini di riduzione del rischio relativo di ricovero per scompenso cardiaco, che è stato ridotto del 30%, e di progressione della malattia renale principalmente in termini di significativa e sostenuta riduzione del declino della funzionalità renale in termini di eGFR.
Lo Studio Vertis CV fa parte del programma di sviluppo clinico VERTIS – per studiare la sicurezza e l’efficacia di ertugliflozin – che comprende nove studi di fase III per un totale di oltre 13mila pazienti con diabete di tipo 2.

«Lo studio Vertis CV è molto importante – spiega Andrea Giaccari, Diabetologo, Professore Associato di Endocrinologia Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma – per alcune particolari caratteristiche: ha arruolato una più elevata percentuale di pazienti con una storia di scompenso cardiaco e ha dimostrato sicuramente l’efficacia di ertugliflozin sui parametri metabolici, con una riduzione significativa di almeno 0.5 punti di emoglobina glicata dopo 18 mesi e che si mantiene nel tempo, per tutto il follow-up di questo studio. Uno degli aspetti fondamentali che lo studio Vertis CV ha dimostrato è la riduzione delle ospedalizzazioni per scompenso cardiaco che sappiamo essere una complicanza specifica del diabete, un evento estremamente frequente. Il fatto che anche il diabetologo abbia in mano uno strumento terapeutico per prevenire questa importante complicanza è davvero importante. Avere a disposizione un farmaco che tiene sotto controllo il diabete e allo stesso tempo riduce le ospedalizzazioni per lo scompenso cardiaco è estremamente incoraggiante e questi dati di Vertis CV sono importanti perché c’era un’ampia popolazione arruolata che aveva una storia di scompenso cardiaco. Il Vertis CV è davvero importante nella pratica clinica, soprattutto perché ha dimostrato che questa classe di farmaci, gli SGLT2, è efficace e ha un buon profilo di sicurezza e quindi possiamo come classe medica utilizzare questi farmaci, adesso che li conosciamo bene, con grande tranquillità».

«Lo studio Vertis CV che è stato appena presentato all’80esimo Congresso ADA – dice Pasquale Perrone Filardi, Cardiologo, Professore Ordinario di Cardiologia, Università degli Studi di Napoli Federico II e Presidente eletto Società Italiana di Cardiologia – ha dato un’ulteriore, importantissima, conferma dell’effetto sulla riduzione dei ricoveri ospedalieri che rappresenta uno degli elementi più importanti, direi il più importante, dei benefici che questa classe di farmaci oggi conferisce al trattamento del diabete. Lo studio Vertis CV ha utilizzato un inibitore orale degli SGLT2, ertugliflozin, che è una molecola che ha dimostrato in una popolazione diabetica con malattia cardiovascolare ischemica di base, con o senza scompenso cardiaco all’ingresso, una riduzione del 30% dei ricoveri per scompenso cardiaco. Quindi, si tratta di un effetto molto rilevante dal punto di vista clinico che conferma, anche per questa nuova molecola della classe, l’effetto che questi farmaci hanno ampiamente dimostrato in una serie di studi clinici condotti nella popolazione diabetica».

« I risultati dello studio Vertis CV, in generale – dice Roberto Pontremoli Nefrologo, Professore Ordinario di Medicina Interna, Università di Genova – confermano gli effetti di nefroprotezione che già conosciamo nella classe degli SGLT2i. Sebbene l’endpoint composito renale dello studio Vertis CV non sia stato significativo, un’analisi dei soli dati renali consente di confermare che il meccanismo di ertugliflozin è simile, a livello renale, a quello degli altri farmaci glicosurici. Infatti, dopo l’inizio della terapia con ertugliflozin, sia a 5mg che a 15 mg, si ha una piccola riduzione del filtrato glomerulare – all’incirca 4 ml/minuto – e poi nel lungo termine una ripresa del filtrato e una perdita nell’arco di 5 anni che è, circa, di 2ml/minuto. Nel braccio placebo i pazienti non trattati con ertugliflozin perdono in 5 anni 7ml/minuto. Ecco quindi, che quella mancata significatività che si registra nell’endpoint composito renale in ertugliflozin è verosimilmente legata a una questione tecnica di scelta di endpoint e delle caratteristiche dei pazienti che avevano una prevalenza di malattia renale cronica allo stadio III del 20% circa. Nel complesso, credo si possa dire che l’effetto di ertugliflozin sulla funzione renale a lungo termine, l’effetto di nefroprotezione, sia in linea con quello che è stato osservato negli altri grandi trials d’intervento con i farmaci glicosurici».

«Se c’è una lezione che la pandemia di Covid-19 – spiega Alessandro Solipaca, Direttore Scientifico, Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, Dipartimento Universitario di Scienze della Vita e Sanità Pubblica- Sezione di Igiene, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma – ha insegnato a tutti i Sistemi Sanitari è quella di non farsi trovare impreparati ma soprattutto di avere una visione programmatica lungimirante e non a breve termine. Obiettivo comunque deve essere quello di disegnare un modello assistenziale di alto valore, patient-centered ed un processo di convergenza delle organizzazioni sanitarie verso un’assistenza value-based. In Italia siamo davvero molto lontani da questo modello soprattutto perché le differenze a livello territoriale sono davvero significative. Eppure, supportare una corretta gestione integrata del paziente in tutti i setting individuati, in ottica value based, garantirebbe l’accesso a tutti i pazienti eleggibili ai farmaci innovativi, migliorando la qualità di cura e, di conseguenza, riducendo la spesa per il SSN per costi evitati nell’acuto. Si pensi ad esempio al dato delle ospedalizzazioni che è un indicatore sentinella molto importante nel segnalare un probabile fallimento dell’assistenza territoriale. Infatti, una carente organizzazione nella gestione delle cure tipicamente genera aumento dei ricoveri inappropriati e l’allungamento delle liste di attesa a carico dei livelli di assistenza più elevati».
LO STUDIO VERTIS CV
Il disegno
Lo Studio VERTIS CV (eValuation of ERTugliflozin effIcacy and Safety CardioVascular) è uno studio multicentrico randomizzato in doppio cieco, placebo-controllato, condotto al fine di valutare l’efficacia e la sicurezza cardiovascolare nel lungo termine di ertugliflozin. Lo studio ha coinvolto oltre 8.200 pazienti diabetici con malattia CV accertata, inclusi pazienti di età maggiore o uguale ai 65 anni, con insufficienza renale (in circa il 53% dei casi di grado lieve e nel 22% di grado moderato) e scompenso cardiaco, presente nel 23,7% dei pazienti. Circa il 19% dei pazienti con dati disponibili sulla frazione di eiezione (278/1433) avevano insufficienza cardiaca con frazione di eiezione ridotta (HFrEF). Si tratta dello studio che ha arruolato il più elevato numero di pazienti diabetici con scompenso cardiaco. Obiettivo primario dello studio è stato quello di documentare la sicurezza CV di ertugliflozin e, in via secondaria, esplorare l’eventuale superiorità su endpoint compositi CV e renali.
I partecipanti sono stati randomizzati a tre diversi bracci di trattamento: placebo, ertugliflozin 5mg o ertugliflozin 15mg somministrati per via orale una volta al giorno.
I pazienti avevano una durata media di DMT2 di circa 13 anni, un’HbA1c al basale dell’8,3% e un indice di massa corporea 32kg/m2. I pazienti erano già in trattamento ipoglicemizzante con metformina nel 76% dei casi, sulfaniluree nel 41%, insulina nel 47%, DPP-4 inibitori 11% e GLP-1 agonisti 3%.
Un’elevata percentuale di pazienti assumeva farmaci per la protezione cardiovascolare ed in particolare, oltre l’80% era in trattamento con ACE inibitori, antiaggreganti piastrinici e statine, mentre più del 40% con diuretici.
La durata media del follow up è stata di 3.5 anni e l’esposizione media al trattamento è stata di 2.9 anni per ertugliflozin e 2.8 anni per il placebo.
I risultati
Lo studio ha raggiunto l’endpoint primario di non inferiorità rispetto al placebo sugli eventi cardiovascolari avversi maggiori (MACE). Complessivamente, l’outcome primario MACE è stato riportato nell’11,9% (n = 653) dei pazienti trattati con ertugliflozin (dosi da 5 mg e 15 mg), rispetto all’11,9% (n = 327) dei pazienti trattati con placebo (HR = 0,97; 95,6% CI [0,85-1,11]; p <0,001 per non inferiorità). Gli endpoint secondari di superiorità per ertugliflozin rispetto al placebo non sono stati raggiunti. Questi endpoint secondari includevano: a) tempo alla prima insorgenza di morte CV o ricovero per insufficienza cardiaca (HHF), b) tempo alla prima insorgenza di morte CV da sola; c) tempo alla prima insorgenza del composito di morte renale, dialisi/trapianto o raddoppio della creatinina sierica. L’endpoint pre-specificato di HHF, sebbene non facesse parte della sequenza di test gerarchici, ha mostrato una riduzione del 30% del rischio di HHF per ertugliflozin rispetto al placebo (2,5% vs. 3,6%; FC = 0,70; IC al 95% [0,54- 0.90]).
«I risultati dello studio VERTIS CV si aggiungono al crescente numero di prove riguardanti il profilo clinico di ertugliflozin, compresa la sua sicurezza nei pazienti con una storia di malattie cardiovascolari alle spalle – dice Christopher P. Cannon, cardiologo del Brigham and Women’s Hospital, Professore alla Harvard Medical School e autore principale dello studio – Sebbene non facciano parte della sequenza di test gerarchici, i risultati hanno indicato il potenziale di ertugliflozin per ridurre il rischio di ricovero per insufficienza cardiaca in pazienti con diabete di tipo 2 e malattie cardiovascolari accertate».
L’ incidenza complessiva di eventi avversi gravi è stata simile per i gruppi ertugliflozin 5 mg (34,9%), ertugliflozin 15 mg (34,1%) e placebo (36,1%). Le infezioni del tratto urinario si sono verificate nel 12,2% e nel 12,0% dei pazienti nei gruppi 5 mg e 15 mg di ertugliflozin, rispettivamente, e nel 10,2% nel gruppo placebo (p <0,05). Le amputazioni si sono verificate nel 2,1% e nel 2,0% dei pazienti nei gruppi 5 mg e 15 mg di ertugliflozin, rispettivamente, e nell’1,6% nel gruppo placebo. La chetoacidosi diabetica si è verificata nello 0,3% e nello 0,4% dei pazienti nei gruppi 5 mg e 15 mg di ertugliflozin, rispettivamente, e nello 0,1% nel gruppo placebo. Non ci sono stati casi di gangrena di Fournier nei pazienti trattati con ertugliflozin o placebo e non vi è stata nessuna differenza nell’incidenza di danno renale acuto, ipovolemia, fratture o ipoglicemia sintomatica.