Associazione malati reumatici: apertura al biosimilare ma la persona malata deve avere la priorità sul budget
L’Associazione nazionale malati reumatici, Anmar ha redatto il nuovo Position Paper sui farmaci che verrà presentato a metà giugno al Congresso europeo di reumatologia ad Amsterdam. Il documento, che si affiancherà a quello della Società Italiana di Reumatologia, vuole rappresentare una risposta ai numerosi quesiti che pervengono da parte dei pazienti italiani, talora costretti alla migrazione in altra regione per poter seguire la cura che ha dato benefici. L’approvazione da parte di Ema ed Aifa di più biosimilari per le malattie reumatiche anche per uno stesso farmaco originatore e la loro entrata sul mercato italiano ed europeo ha dato luogo ad una serie di normative e Position Paper. Una messe di documenti che, integrati dai dati scientifici e dalle esperienze dei pazienti hanno portato alla decisione di esprimere una posizione congiunta che riassuma aperture, dubbi e difficoltà incontrate dai pazienti nell’adozione più o meno condivisa dei farmaci biosimilari. In particolare é necessario fare chiarezza sulla legge 232/2016 causa di problematiche riscontrate in alcuni regioni italiane sulla sostituzione automatica dei farmaci biologici originatori con i farmaci biosimilari, che ha portato a confusione e al fenomeno della migrazione regionale per riuscire a seguire l’unica terapia che si è dimostrata efficace.
«La nostra posizione é di ampia apertura al biosimilare – spiega la Presidente di Anmar Silvia Tonolo – per i pazienti finora mai trattati con terapie biologiche (NAIVE o che le abbiano sospese da un periodo di tempo non inferiore al doppio del tempo di wash out previsto per ogni singolo farmaco di riferimento), e per tutti quei pazienti che, correttamente ed approfonditamente informati, condividano consapevolmente lo switch. Ampia anche la disponibilità a condividere la scelta di un eventuale switch, purchè basata in primis sul beneficio per il paziente, ma assoluta contrarietà e contrapposizione ad uno switch forzato, senza altra giustificazione che il risparmio e senza percorrere nessuna strada alternativa. Costringere una persona, che sta bene, ha benefici consolidati dall’impiego di una determinata terapia ed ha imparato ad usare correttamente i suoi farmaci a cambiare terapia non già proponendogli la possibilità di avere più facile accesso al controllo specialistico o migliore controllo della propria condizione, bensì un risparmio generalizzato e non meglio identificato nella spesa sanitaria, ci sembra non solo ingiusto, ma quasi immorale e sicuramente in contrasto con la personalizzazione della terapia tanto sbandierata e proclamata come obiettivo principe della nuova assistenza ‘con il paziente al centro’».
«Il 7 di maggio, sulla Gazzetta Ufficiale -sottolinea Mauro Galeazzi Presidente della Società Italiana di Reumatologia – è stata pubblicata la determina di Aifa sui farmaci biosimilari. Alcune affermazioni, apparentemente favorevoli a pazienti e ai medici prescrittori, come quella che afferma che i medici sono gli unici responsabili delle prescrizioni, non sono realistiche se si consente alle regioni di porre come obiettivo il 90% di sostituzione del farmaco originator con il biosimilare (switch) in pazienti in remissione. In questo modo viene negata la libertà prescrittiva del medico ma viene anche negato, di fatto, il diritto alla continuità terapeutica, diritti che non possono essere sostituiti da una semplice determina, come vorrebbero far credere le regioni».
ANMAR ha ribadito, come peraltro sancito anche dalla L. 232/2016, che è compito del reumatologo la decisione di proporre lo switch da biologico a biosimilare e lo stesso deve fornire quelle informazioni che consentano al malato di condividere tale scelta ed approvarla. Principio condiviso con la Società Italiana di Reumatologia, SIR e Collegio Reumatologi Italiani, CReI.
«Da alcuni registri europei, in particolare DANBIO danese, è stato osservato – aggiunge il Professor Corrado Blandizzi Ordinario di Farmacologia all’Università di Pisa – che sui pazienti a cui è stato praticato lo switch dal farmaco originatore, tra il 16 e il 18% perdeva la risposta alla terapia. Ma quando il paziente è in uno stato di equilibrio tra risposta alla cura e eventi avversi non c’è motivo per esporlo al rischio di perdita della risposta con una riattivazione della patologia e la riattivazione del processo di danno».
“I malati reumatici rispettano il principio della libertà prescrittiva – conclude Tonolo – purchè sia condivisa, la legge 232 del 2016 non sia violata e non si creino 21 sistemi sanitari regionali in cui le cure necessarie non sono garantite in un’ottica di equità, ma strizzando l’occhio solo alle esigenze di bilancio».