A Napoli medici e pazienti ‘fanno rete’

Ci sono sfide nella vita che non si possono, e non si devono, affrontare da soli. Come quelle che ti pone davanti una malattia come il tumore del polmone. Bisogna unire le forze e le competenze. E’ questo il segreto per affrontare la malattia. Così, ieri in occasione dell’evento “Time To tALK” che è partito dal Monaldi di Napoli (farà tappa in altri Centri di Eccellenza in tutta Italia) hanno fatto ‘rete’ i massimi esperti dell’oncologia campana, hanno fatto rete gli esperti di un team multidisciplinare (psico-oncologo, nutrizionista, fisiatra, legale) provenienti da diversi Centri e hanno ‘fatto rete’ gli stessi pazienti che si sono potuti incontrare, conoscere e confrontare. L’evento ha ricevuto il patrocinio delle Associazioni pazienti Walce e IPOP e della Società Italiana di Medicina Narrativa (SIMeN) ed è stato reso possibile grazie al sostegno di Roche Italia. Dedicato ai pazienti con tumore al polmone con riarrangiamento del gene ALK, l’incontro è stato l’occasione per incontrare un team di esperti e per trovare le risposte ai tanti quesiti quotidiani che la malattia pone. Risposte ‘su misura’ proprio perché dedicate a questa particolare forma di tumore.

«Negli ultimi anni nel tumore del polmone – spiega Alessandro Morabito, Direttore della struttura complessa Oncologia clinica sperimentale toraco-polmonare Istituto Nazionale Tumori “Fondazione Pascale” di Napoli – abbiamo assistito ad una vera e propria rivoluzione. Oggi non ci limitiamo a fare una diagnosi di ‘tumore al polmone’ ma possiamo avere la ‘carta d’identità’ di quel tumore, conoscerlo nei dettagli e, grazie a test mirati, scoprire se si tratta di una forma che presenta una particolare mutazione genica (come EGFR, ALK, ROS1) e, quindi, può essere trattata con farmaci altamente selettivi, ‘a bersaglio molecolare’ appunto. È piccola la percentuale di pazienti nei quali è presente questa mutazione ma è di grande impor-tanza determinarli perché da alcuni anni abbiamo a disposizione far-maci biologici innovativi che hanno dimostrato una maggiore efficacia e tollerabilità rispetto alle terapie standard. Nel tumore con riarrangiamento del gene ALK, ad esempio, i farmaci biologici oggi a disposizione non solo hanno allungato l’aspettativa di vita rispetto alle terapie standard, ma si sono dimostrati efficaci anche nel controllo delle metastasi cerebrali. Tutto questo ha rappresentato un cambiamento epocale, non solo dal punto di vista clinico per il paziente, ma anche culturale per il medico poiché riuscire ad identificare la presenza di questa alterazione molecolare può significativamente cambiare il corso della malattia».

Una diagnosi nella diagnosi, dunque, che pur riguardando una piccola percentuale di pazienti (circa il 5% di tutti quelli con tumore al polmone non a piccole cellule) può cambiare la prospettiva e soprattutto cambia le esigenze, anche nel quotidiano. «I pazienti con questo tipo di neoplasia polmonare, grazie alle nuove terapie ‘a bersaglio molecolare’ hanno davanti a loro un’aspettativa di vita molto diversa rispetto al passato, decisamente migliorata – dice Danilo Rocco, Responsabile e coor-dinatore del GOM di Patologia neoplastica pleuropolmonare A.O.R.N. dei Colli-Monaldi di Napoli – Sono persone che hanno davanti degli anni e noi dobbiamo fare in modo che siano anni ‘di qualità’. Ecco perché dobbiamo supportarli e sostenerli al meglio, non solo dal punto di vista terapeutico ma anche in tutti gli aspetti della vita quotidiana. Perché il paziente è prima di tutto una persona. Il nutrizionista, lo psico-oncologo, il riabilitatore, per esempio, sono solo alcune delle fondamentali figure che affiancano il paziente e l’oncologo in questo viaggio. D’altra parte la gestione multidisciplinare si è dimostrata vincente nella fase iniziale – quando per fare una diagnosi corretta servono il clinico, il patologo, il radiologo interventista o il broncoscopista, ecc – ed è la strada maestra anche nel percorso successivo. Dare la possibilità ai pazienti di incontrare un team multidisciplinare al quale porre dei quesiti e anche altri pazienti con i quali confrontarsi è stato importantissimo. Ed è stato per tutti noi un motivo di orgoglio che l’evento “Time To tALK” sia partito proprio da Napoli, perché non solo la ricerca in oncologia polmonare in Campania è un fiore all’occhiello per tutto il Paese ma anche perché la presenza di esperti provenienti da diversi Centri del Territorio dimostra che la ‘rete’ che abbiamo costruito è una magnifica realtà al servizio dei pazienti».

Gioco di squadra, multidisciplinarietà, rete: un modello organizzativo che in occasione dell’incontro “Time to tALK” è diventato un vero e proprio approccio culturale dal quale partire. Perché solo così il paziente non si sente perso e abbandonato in un percorso che è indubbiamente difficile. «Quello della rete è l’unico sistema per farsi carico in modo appropriato, efficace e scientificamente valido di un paziente – aggiunge Vincenzo Montesarchio, Direttore U.O.C. di Oncologia generale A.O.R.N. dei Colli di Napoli – Ma ‘fare rete’ significa anche fare cultura. Perché i pazienti devono sapere di poter contare tutti sugli stessi standard qualitativi. La rete oncologica campana è un modello per il nostro Sistema Sanitario Nazionale, ha comportato uno sforzo enorme ma sta dando risultati eccellenti. Il successo è dovuto al grande impegno di tutti ma anche alla lungimiranza di istituire una cabina di regia regionale ed un Centro di coordinamento che insieme hanno consentito ai Centri di lavorare con armonia ed efficacia. Ma non solo, stiamo lavorando affinché un paziente una volta dimesso sia preso rapidamente in carico dalla propria ASL ed accompagnato nei percorsi di assistenza domiciliare concretizzando la parte forse più complessa della Rete: la perfetta sinergia ed integrazione Ospedale-Territorio. Con un grande coinvolgimento dei Medici di Medicina Generale che sono un importante tassello della rete oncologica e non solo. Una rivoluzione epocale che speriamo di poter allargare presto a tutte le ASL. L’evento che si è tenuto ieri è la conferma che la multidisciplinarietà è la giusta risposta alle esigenze del paziente che, se informato, coinvolto, accompagnato, vivrà la sua malattia sicuramente con minori difficoltà. Quello della rete è modello che si dimostra sempre vincente ma che diventa ancora più importante rispetto ad un paziente che può avere un’eccellente risposta alle terapie e per il quale, quindi, possiamo fare molto e bene».

Una parola, dunque, può fare la differenza: mutazione. Ma in questo caso non è solo un termine scientifico da leggere su una cartella clinica, è molto di più. Davanti ad una diagnosi di tumore al polmone, quindi, è necessario fare un passo avanti. Il test molecolare è fondamentale: è l’unico modo per poter stabilire se si è o meno in presenza di una mutazione genica che potrebbe trarre benefici dalle terapie a bersaglio molecolare. Tuttavia, è importante non avere un carico di aspettative esagerato perché, va ricordato sempre, la percentuale di pazienti che presenta la mutazione è piuttosto ridotta e per questo la chemioterapia e le terapie standard restano una valida soluzione che non devono essere in nessun modo demonizzate. Ma per quella piccola percentuale di pazienti con mutazione genica la terapia a bersaglio molecolare è una realtà concreta ed è, quindi, corretto fare tutto il possibile, in fase di diagnosi, per capire se è una strada da percorrere. «Purtroppo, i test molecolari in molte realtà più periferiche e in alcune regioni italiane, soprattutto al Sud, sono ancora sottoutilizzati – spiega Cesare Gridelli, Direttore U.O. Oncologia Medica Azienda Ospedaliera “S.G.Moscati” di Avellino – e questo è un aspetto sul quale bisogna lavorare. I pazienti che mostrano il riarrangiamento di ALK sono una piccola parte di quelli con il tumore del polmone non a piccole cellule, è vero, ma è importante identificarli perché possono essere trattati con terapie che danno risultati fino a qualche anno fa insperati, anche nel controllo delle metastasi cerebrali. È quindi difficile da accettare che ci siano dei pazienti che non vengono trattati perché non è stato fatto un test mirato o non è stato eseguito correttamente. Fortunatamente le cose stanno cambiando, anche grazie al fatto che oggi abbiamo a disposizione test più semplici ed economici. Ma serve mettere in atto un cambio di passo nell’approccio culturale: iniziando con il fare il test senza accontentarsi di risultati incerti perché il materiale prelevato non è sufficiente. Ma non solo. Il test di ALK, per esempio, bisogna farlo in tutti i non fumatori o lievi fumatori (il riarrangiamento di ALK è più frequente in questi pazienti), soprattutto giovani, sia che abbiano la forma squamosa che non squamosa, ma bisogna allargarlo anche a tutti i pazienti fumatori con tumore polmonare non a piccole cellule non squamoso perché, pur se raro, il riarrangiamento può essere presente e quindi vale la pena cercarlo».

Prospettiva, collaborazione, futuro, qualità di vita, diagnosi, test…parole. Ancora una volta si ritorna lì, al bisogno di parlare, di capire, di conoscere, di porre domande e ottenere risposte. Perché la lotta al cancro non è fatta solo di test, di esami, di prelievi, di farmaci, è fatta anche e soprattutto di parole. Di rapporti tra persone. «L’evento “Time to tALK” ha permesso a persone nella stessa condizione di guardarsi negli occhi – conclude Francovito Piantedosi, Direttore UOC Pneumologia Oncologica AORN dei Colli Monaldi di Napoli – di conoscersi, di raccontarsi la propria storia, le proprie sofferenze ma anche i successi, i sogni le speranze. Quando diamo ad un paziente la diagnosi di tumore al polmone con riarrangiamento di ALK sappiamo di dare, nel dramma, una buona notizia che renderà la situazione più accettabile. Perché sappiamo di poter parlare non solo di una maggiore aspettativa di vita – e non è poco – ma anche di una migliore qualità di vita. E sappiamo, da clinici, di poter fare molto per loro, anche con il supporto di un team multidisciplinare. Possiamo ascoltarli, consigliarli, guidarli e sostenerli. Ma solo un altro paziente, nelle sue stesse condizioni, che ha vissuto la sua stessa diagnosi e poi la stessa speranza che viene dalla notizia della mutazione, potrà davvero specchiarsi nel suo sguardo. E all’evento al Monaldi è successo tutto questo». Ieri, a Napoli, si è parlato di tumore al polmone, di terapie, di cifre, di statistiche, di problemi quotidiani, di piccole soluzione e di grandi ostacoli. Ma soprattutto si è parlato di vita, tra compagni di viaggio, pazienti e medici, ognuno con la propria esperienza, ognuno pronto a fare la sua parte. Tutti insieme impegnati in un percorso difficile ma con una nuova prospettiva.